Dal Concilio di Trento alle soppressioni napoleoniche

Dopo l’unione le due Diocesi riprenderanno vigore anche perché, la loro vicinanza a Roma, ne faceva sedi particolarmente ambite. La consuetudine, che iniziò nei primi anni del Cinquecento, di scambiare le nomine episcopali trasferendo vescovi di Nepi e Sutri a Civita Castellana e Orte, e viceversa, contribuì a rendere le due sedi episcopali abbastanza omogenee, nell’organizzazione della vita religiosa e amministrativa, prima che intervenisse il Concilio di Trento a uniformare queste come le altre Chiese della cattolicità.  Prima che il Concilio di Trento decretasse l’obbligo di residenza per i vescovi, importanti prelati ottennero il titolo episcopale, senza stabilirsi in loco. Vescovi di Civita Castellana e Orte furono personaggi come Nicola Palmerio (1455-1467), teologo agostiniano e umanista e, soprattutto, Giovanni Burchard (1503-1506), liturgista, cerimoniere pontificio, nonché primo coeditore del Liber pontificalis. Fra il 1525 e il 1538 la diocesi venne data in commenda. I vescovi si limitavano a beneficiare delle rendite senza occuparsi della diocesi tanto che, alle soglie del Concilio, la vita religiosa e quella istituzionale conobbero un notevole degrado. Anche a Nepi e Sutri vennero nominati importanti personaggi, come i cardinali Pietro Antonio De Angelis (1542-1453), governatore di Roma, e San Carlo Borromeo. Numerosi furono i vescovi delle due diocesi che intervennero al Concilio, fra cui Scipione Bongalli (1539-1564) e Girolamo Gallarati (1560-1564). Negli anni immediatamente successivi al Concilio, importanti personaggi furono consacrati vescovi, soprattutto nella sede nepesina e sutrina; ad essi si deve il trasferimento delle innovazioni conciliari nelle antiche Chiese locali. Tra questi particolare importanza hanno i vescovi Michele Ghislieri, il futuro pontefice san Pio V (vescovo di Nepi e Sutri dal 1556 al 1560); lo stesso Girolamo Gallarati (1560-1564), che iistituì il seminario a Sutri (1564), uno dei primi ad essere impiantato secondo le norme conciliari, poi soppresso nel 1566 per mancanza di fondi e riaperto solo nel 1703 dal vescovo G. Cianti (1701-1708); il cardinale Tiberio Crispi (1565-1566) governatore di Perugia; Orazio Morone (1580-1603), nipote del cardinale Giovanni Morone. Momento fondamentale del rinnovamento conciliare nel territorio fu la visita apostolica del cardinale Alfonso Binnarini, vescovo di Rieti e visitatore del Patrimonio, che a partire del 1574 visitò il territorio delle due diocesi e verificò lo stato di attuazione dei provvedimenti voluti dal Concilio.

Nella seconda parte del XVI venne per breve tempo ripristinata la sede gallesiana. Nel 1562, sotto Pio IV, fu nominato vescovo di Gallese Girolamo Garimberti, ma sotto il suo successore la diocesi di gallese fu definitivamente riunita a quella di Civita Castellana.

Nel secolo successivo, furono celebrati i primi importanti sinodi diocesani post-tridentini, fra cui quello di Angelo Gozzadini, per Civita Castellana e Orte, e Giulio Spinola, per Nepi e Sutri. La vita religiosa ebbe un notevole impulso nel corso dei Seicento soprattutto per la vitalità del movimento confraternale, che poteva contare su decine e decine di confraternite istituzionale (Sacramento, Rosario, della Misericordia ecc.) e devozionali (legate ai numerosi culti mariani e dei santi) alle quali erano affidate un gran numero di chiese e le istituzioni assistenziali e caritative (ospizi, ospedali, carceri, conservatori ecc.) attive in tutti i centri delle due diocesi. Altro motivo di rinnovamento della vita religiosa furono le congregazioni e gli ordini religiosi. Di notevole importanza fu il convento e studio filosofico francescano di Santa Maria del Prato a Campagnano, che nei primi secoli dell’età moderna ebbe il suo massimo sviluppo, lo studium filosofico degli agostiniani di Orte e il noviziato della Provincia romana dei Minori Osservanti, attivo sempre nella stessa Orte. Anche i francescani della Provincia irlandese avevano istituito a Capranica un noviziato (1656), collegato con il collegio romano di S. Isidoro. Quasi in ogni centro abitato erano, poi, insediati i cappuccini, alla cui opera era affidato lo sviluppo di culti come il Rosario, il Sacramento della confessione, la predicazioni, in particolare dell’Avvento e della Quaresima e quella delle missioni popolari.

Importante fu, nel Settecento, l’attività di alcuni vescovi civitonici e ortani, fra cui Ascanio Blasi (1705-1718), Bernardino Vari (1739-1748) e Sante Lanucci (1748-65), sotto il cui governo pastorale si tennero importanti sinodi diocesani che produssero un rinnovamento radicale dell’attività pastorale. Un accenno a parte merita il vescovo Giovanni Francesco Tenderini (1718-1739). Dopo aver partecipato al Concilio romano del 1725, durante il quale tenne un’allocuzione nell’ultima sessione per esortare i vescovi a mettere in atto nelle loro diocesi le determinazioni dell’assise, si adoperò per realizzare nella sua diocesi quanto era stato deciso. Tenderini ripristinò la disciplina ecclesiastica, favorì l’istruzione religiosa dei fedeli, si adoperò per istituire il seminario (aperto 7 anni dopo la sua morte nel 1746), visitò a più riprese la diocesi con un’attenzione particolare alla cura pastorale. Alla sua morte fu aperto il processo di beatificazione che si concluse con il riconoscimento delle sue virtù eroiche (1794).

Sempre nel Settecento nel territorio si svolse l’opera religiosa e sociale di due importanti santi: san Paolo della Croce e santa Rosa Venerina a cui si deve la nascita, rispettivamente, dell’ordine dei Passionisti e delle Maestre Pie Venerini. Alla predicazione diretta di san Paolo della Croce è da ricondurre la fondazione di numerosi conventi di passionisti; mentre a santa Rosa e alle sue maestre si deve la fondazione, fra Settecento e Ottocento, delle scuole per l’educazione delle fanciulle che furono create nella maggior parte dei paesi delle due diocesi e che ancora oggi sono in attività. Gli anni finali del Settecento vedono anche la nascita del principale santuario mariano della diocesi, quello di Santa Maria Ad Rupes a Castel Sant’Elia, proclamata nel secolo XX patrona dell’attuale diocesi di Civita Castellana.

Negli anni finali del Settecento e in quelli iniziali del secolo successivo, la Repubblica romana e la dominazione napoleonica portarono grandi sconvolgimenti. Il vescovo di Civita Castellana e Orte, Lorenzo De Dominicis (1787-1822), sottoscrisse il giuramento napoleonico, contrariamente a quello di Nepi e Sutri, Camillo Simeoni (1782-1818), che invece si rifiutò di giurare e per questo motivo fu imprigionato e deportato. A causa del mancato giuramento del vescovo, le sedi episcopali nepesina e sutrina furono soppresse e accorpate alla sede civitonica e orfana (1809-1814). Numerosi episodi di violenza accompagnarono il periodo della dominazione francese. Uno dei più importanti fu l’episodio di insorgenza antifrancese di Nepi, che portò all’inasione della città da parte dell truppe direttoriali e all’incendio e saccheggio della cattedrale e della curia episcopale nepesina (1798).