Sostegno economico

Comunione, corresponsabilità, partecipazione dei fedeli, perequazione, solidarietà, trasparenza e libertà: sono alcuni dei pilastri su cui si fonda il sostegno economico alla Chiesa scaturito dalla revisione concordataria del 1984. Sono valori che rendono più ricca spiritualmente l’intera comunità. Insieme, laici e sacerdoti, sono chiamati a testimoniare con la loro vita questi valori e ad amministrare i beni spirituali e materiali che la Chiesa possiede. E sono anche chiamati, corresponsabilmente, al reperimento delle risorse necessarie al sostegno della vita e della missione della Chiesa.

 

Prima della revisione del 1984, erano tre le fonti di finanziamento per la Chiesa Cattolica in Italia: 1) le offerte libere (e non deducibili) dei fedeli; 2) il finanziamento diretto da parte dello Stato, attraverso gli stipendi versati solo ad alcuni sacerdoti, come i cappellani degli ospedali e gli insegnanti di religione che svolgono, nel quadro della pubblica amministrazione, un servizio al cittadino; 3) il finanziamento diretto da parte dello Stato, attraverso le congrue a vescovi, parroci e canonici ad integrazione dei benefici e attraverso un contributo in favore delle nuove chiese.

Con la revisione del Concordato nel 1984 la prima fonte di sostentamento, cioè quella delle offerte (non deducibili) dei fedeli è stata posta sempre più al centro del sistema, rappresentando l’elemento di maggior valore ecclesiale. La seconda fonte, quella di sostentamento dei sacerdoti che svolgono quei servizi, già evidenziati in precedenza, di particolare utilità pubblica e sociale, non è stata modificata. Mentre la terza, quella delle congrue e dei contributi per l’edilizia del culto, è stata, invece, radicalmente modificata. Dal 1989 sono dunque cessati per sempre questi finanziamenti diretti e sono state introdotte due nuove forme di sostegno economico alla Chiesa Cattolica rivolte ai cittadini: le offerte per il sostentamento del clero, deducibili dal proprio reddito complessivo ai fini del calcolo dell’Irpef, e la scelta per la destinazione dell’otto per mille dell’Irpef.

Nel frattempo sono stati aboliti anche i benefici ecclesiastici e questi beni sono stati trasferiti ai nuovi Istituti diocesani per il sostentamento del clero. Questi organismi, con i redditi ricavati dall’amministrazione del patrimonio, concorrono ad assicurare il sostentamento dei sacerdoti diocesani che, indistintamente, svolgono il proprio ministero in servizio alle diocesi italiane.

L’8xmille e le offerte deducibili per il clero sono perfettamente distinte, anche se l’una non esclude l’altra. In pratica chi sceglie di destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica può anche fare un’offerta a favore del sostentamento del clero e viceversa. E qui però che emerge anche il diverso valore ecclesiale dei due gesti. Proprio perché non costa nulla, l’8xmille è per il credente un atto di coerenza con la propria fede, mentre l’offerta per il clero ha un maggior valore di partecipazione ecclesiale poiché comporta un esborso personale, sia pure ripagato in parte dal vantaggio della deducibilità in sede di dichiarazione dei redditi, anche nel caso in cui non sia obbligato alla presentazione della dichiarazione.